ROMA CIRCA, 2017

testo di Veronica Iurich per Noe Sendas

Noe Sendas

Noe Sendas

Noe Sendas si esprime attraverso la fotografia e il video ma il suo lavoro affonda le sue radici nel disegno, mezzo per rendere il suo pensiero in forma visibile. L’artista si ispira al cinema, all'arte visiva, alla letteratura e alla musica, fonti da cui raccoglie immagini che rielabora, attribuendogli un significato altro da quello preesistente. Compie una vera e propria ri-costruzione: da qui nascono i suoi raffinati collage concettuali, che contestualizza in cornici appositamente studiate e ambienta sapientemente, perché Sendas è interessato al potenziale del metodo espositivo che in qualche modo definisce l’opera.

L'esplorazione della perdita connessa al concetto d’identità sono i motivi centrali della sua ricerca. Il corpo, per lo più femminile, è il protagonista indiscusso delle sue opere. Si tratta di un lavoro per sottrazione, in cui lascia intravedere porzioni di corpo, frammenti, che ha come obiettivo quello di riportare il focus proprio sulle parti cancellate o assenti. Forse perché la nostra profonda identità ci sfugge ed è irrappresentabile nella sua intera essenza?

In questa mostra sono presenti più serie: Crystal Girls, che risale al 2009, più vicino allo spirito cinematografico (Fellini, J.L.Godard) di cui Sendas si nutre. Qui i protagonisti sembrano uscire dai movies o dalle riviste tra gli anni ’20 e ’50 ma contaminate nella fisiognomica o nel corpo attraverso le sue impossibili, ma credibili, manipolazioni. Segue poi la serie Peep Girls, nella quale Sendas utilizza immagini di bellissime silhouette di donne, forse ballerine, in pose eleganti e in atti sospesi, coperte nella parte superiore del corpo da figure geometriche che rimandano a buchi di serrature stilizzate, da cui deriva il nome della serie. Donne intraviste senza essere totalmente viste. Ci si ritrova cosi davanti a visioni parziali, che invitano alla curiosità e al voyeurismo, costringendoci ad immaginare le parti celate di quei sinuosi corpi raffinati e mai volgari, di cui si intravedono solo gambe e piedi. In occasione della mostra romana, Sendas presenta opere inedite, ispirate proprio alla capitale.

L’artista ipotizza di fare un salto in avanti nel tempo, in un futuro prossimo, più specificatamente nel 2050 e immagina di passeggiare lungo Ponte Milvio curiosando in un mercatino; la sua attenzione cade su una vecchia scatola di cartone, con sopra la scritta “Roma circa 2017”, titolo della mostra stessa, contenente una raccolta di vecchie cartoline ritrovate, provenienti dal Museo Vaticano, dalla Galleria Borghese e dalla prestigiosa EPC Roma, quasi fossero riapparse da un ipotetico sito archeologico del glamour.

Immagini ricercate ed eleganti, eco di un tempo perduto, una sovrapposizione di storie e di Storia. Tuttavia, esiste un denominatore comune in tutte le opere di Sendas: l’enigma. Domina il silenzio, un’assenza che è presenza, che lascia spazio per il mistero. L’artista esplora i meccanismi di percezione dell'osservatore, è interessato alla sua reazione davanti a scene caratterizzate da atti interrotti con uno spiccato gusto per l’impossibile e il paradossale, tipici del teatro dell’assurdo.

Quale sarà la visione di chi osserva? Non ci sono storie finite nelle sue opere, esiste il preludio di tante ipotesi, c’è sempre una domanda senza risposta che lascia pensare ad una molteplicità di probabilità. La possibilità è il racconto.